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Io e te…due metà della stessa mela?

Spesso quando si pensa alle relazioni di coppia la mente vola all’immaginecoppia delle due metà della mela che insieme formano un bellissimo frutto: siamo alla ricerca dell’anima gemella, quella “dolce metà” che potrà farci sentire finalmente completi, come due pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente.

Ma cosa ci influenza nella scelta del nostro partner? La psicologia ci dice che ogni volta si crea un intreccio di fattori speciale, chiamato “incastro di coppia” che renderà la storia di quei due partner unica rispetto alle altre.

Un elemento che spesso ci influenza è legato alle pressioni sociali. Chi non si è mai sentito porre in una certa fase della propria vita domande quali E allora la fidanzata/il fidanzato?? Quando ti sistemi?? Se poi siete già in coppia ce n’è anche per voi: quando andate a vivere insieme? quando vi sposate? quando mettete su famiglia? Possiamo fare spallucce, arrabbiarci, restarci male, in ogni caso a volte queste osservazioni ci colpiscono. D’altra parte ci è sempre stata tramandata l’idea che le persone “normali” prima o poi stabiliscono relazioni di copia stabili e possibilmente fanno dei figli, dunque mancare una tappa può farci sentire in difetto. Se cercate bene nel vostro albero genealogico potreste anche scoprire qualche parente “s-coppiato” da tutti considerato un po’ strano. Di certo oggi le cose sono cambiate rispetto al passato, ma stabilire rapporti affettivi è un bisogno umano e a volte le pressioni sociali rendono difficile ascoltare con serenità i propri desideri profondi e i propri tempi.

Il contesto socio-culturale e familiare può anche avere un peso nel determinare almeno un po’ le caratteristiche che andremo a cercare nel nostro partner: connotazioni fisiche, provenienza sociale ed etnica, caratteristiche di personalità e modi di fare potrebbero essere più o meno rispondenti ai modelli che ci sono stati tramandati e a ciò che gli altri considerano “appropriato”.

Anche la presenza di conflitti interiori e relazionali irrisolti, le esperienze passate e la particolare situazione in cui ci troviamo nel presente giocano un ruolo importante, ma ovviamente non è facile esserne consapevoli se non a posteriori.

E’ molto interessante provare a chiedere alle persone cosa le ha colpite del partner quando si sono conosciuti: gli aspetti, i gesti, i comportamenti che catturano la nostra attenzione dicono sempre qualcosa di noi e dei nostri bisogni più reconditi. Spesso accade di avere l’inconsapevole speranza che l’altro ci aiuti a gestire in modo diverso certe nostre difficoltà che non si sono dipanate all’interno di altri rapporti umani significativi. Ci sembra che l’altro abbia qualcosa di familiare, un’esperienza o un vissuto simile al nostro, per cui pensiamo che potrà capirci e accoglierci, ma anche qualcosa di diverso, una caratteristica o un modo di fare diverso che dunque potrebbe aiutarci e compensarci.

E’ assolutamente normale durante le prime fasi vivere in una sorta di bolla di amore incondizionato che ci fa sentire appagati e completi, ma con il tempo dobbiamo imparare a conoscere l’altro come persona reale e non è affatto detto che tutto ci piaccia! Vorremmo che l’altro fosse un po’ più simile a come vorremmo noi e curiosamente a volte è proprio ciò che ci aveva tanto attirato all’inizio a farci innervosire: un partner premuroso può diventare soffocante, uno dolce e indifeso può sembrarci ora una lagna, uno forte può apparirci d’un tratto menefreghista. Probabilmente non è però il partner ad essere cambiato: siamo noi a leggere i suoi comportamenti in modo diverso e ora possiamo osservare tutte le sfaccettature della sua personalità.

D’altra parte stare in coppia significa proprio imparare a conoscersi come persone reali, con i propri pregi e difetti, con le proprie capacità di esplorare il mondo, crescere e cambiare. E’ uno scegliersi e ri-scegliersi continuo finchè lo si desidera.

Possiamo allora provare il piacere di essere persone complete e autosufficienti per poi condividere con l’altro il nostro mondo, creandone uno comune e godendo della sensazione di essere una squadra. E’ questo continuo movimento di avvicinamento e allontanamento ad arricchire il rapporto.

Insomma, più che due metà della mela potete essere due ciliegie unite per il picciolo!

Ma se invece di sopravvivere al Natale decidessimo come vivercelo?

E anche quest’anno è arrivato Natale con il suo carico di luci, pacchetti, cibo, canzoncine e…scrooge articoli sulla depressione e su come sopravvivere allo stress!

Basta guardarsi in giro e fare un rapido sondaggio tra le nostre conoscenze: il Natale è una festa tanto amata quanto odiata, in grado di far emergere i sentimenti migliori ma anche i peggiori. Probabilmente questo accade perché il Natale ci costringe a fare i conti con i nodi irrisolti della nostra vita e delle nostre relazioni e con una serie di pressioni sociali e familiari.

Il piacere di stare in famiglia o anche da soli a fare qualcosa di rilassante, il piacere di donare qualcosa e di riceverlo, il piacere di passare un momento in cui si abbandonano le tensioni si traduce a volte in una specie di imperativo categorico dove proprio la dimensione del piacere si perde: non importa cosa sia accaduto fino al giorno prima, a Natale bisogna stare tutti insieme, bisogna farsi i regali, bisogna sorridere ed essere gentili. A colpi di “si deve” si rischia di indossare una maschera e di passare le feste in apnea, contando le ore che ci separano dalla libertà e sperando che non ci siano spiacevoli incidenti diplomatici. A volte poi crediamo noi per primi che ogni tensione, ogni maleducazione, ogni distanza debba magicamente sparire in virtù dello spirito natalizio, restandoci malissimo se questo non succede. Per questo può anche capitare di decidere di fare altro a Natale, stando lontani il più possibile da certe situazioni. Ma anche questa spesso più che una scelta serena diventa una reazione rabbiosa, pur sempre un “si deve” anche se auto-imposto.

L’idea di dover stare tutti insieme, anzi più precisamente tutti insieme in armonia, rischia di provocare nervosismi o tristezze: la vicinanza alle cose e alle persone importanti (nel bene e nel male) se non si traduce in giusta distanza rischia di provocare reazioni emotive molto intense. Ecco allora che iniziano a scoperchiarsi antichi vasi di Pandora fatti di tensioni, risentimenti, pretese e intrusioni varie nelle vite altrui.

A Natale cose apparentemente banali come la scelta del luogo in cui festeggiare, del menu, del regalo, di come disporre la tavola possono diventare fonte di stress e terreno di scontro perché finiscono per assumere potenti significati simbolici di cui non sempre ci rendiamo conto. A Natale persino una fetta di pandoro smette di essere solo una fetta di pandoro e può diventare uno stress, una misura della nostra bravura e ospitalità,  un messaggio subliminale, che ci sia da parte nostra un’intenzione in tal senso o no: il tipo di pandoro scelto, il modo in cui l’abbiamo tagliato, le dimensioni della fetta, il modo di servirlo e l’ordine con cui lo porgiamo ai presenti possono acquisire i più svariati significati.

Il Natale con il suo stare insieme moltiplica il peso di chi manca, dei legami persi, della solitudine, di ciò che non si ha, di ciò che c’era e non c’è più. Si può perdere la voglia di festeggiare perché si è soli, perché manca una persona cara, perché prevale la stanchezza. Ci si può sentire in difetto perché manca qualcosa che gli altri hanno o che in teoria sarebbe considerato normale avere, che si tratti di un partner, dei figli o del lavoro. Qualcuno potrebbe sottolineare ancora di più la situazione con commenti o domande inopportune, che fanno male. Si può anche passare il tempo a ricordare come era bello il Natale in passato, mentre adesso tante cose si sono perdute.

Avvicinarsi al Natale senza un equilibrio interiore significa rischiare di dare tanto spazio ai sentimenti negativi da perdere in gran parte o completamente la dimensione del piacere e a trarne un danno siamo solo noi. Che gli aspetti spiacevoli siano oggettivi o che siamo noi a dare alle cose un’interpretazione negativa, in ogni caso rischiamo di rovinarci la giornata, di lasciarla passare in sordina privandoci di qualcosa, di causare scontri o di “abboccare” alle provocazioni altrui. Quasi assicurato il risultato: ancora più negatività, stomaco attorcigliato, forse anche rimpianto per quella che invece poteva essere una festa più serena.

Non che si debba per forza trovare qualcosa di bello nel Natale, ma siamo sicuri di volerci limitare a subirlo e a sopravvivere ad esso invece che a viverlo? Il Natale è un classico momento di crisi in cui la distruzione si accompagna alla potenzialità creativa. . Lo spirito natalizio è quella stabilità interiore che vi permette di scegliere dove, con chi e soprattutto come trascorrere questo periodo. Cercate la giusta distanza, dopotutto siete voi a decidere quanto peso dare a cose e persone e a scegliere come comportarvi e reagire nelle diverse circostanze!  Non vi aspettate che qualcuno vi infonda magicamente dall’alto lo spirito natalizio, cercatelo dentro di voi e portatelo fuori da voi stessi: riscoprite il piacere delle piccole cose e abbiatene cura, proponete qualcosa di carino da fare insieme o qualche dettaglio o regalo divertente, riscoprite qualche vecchia tradizione e createne di nuove e se siete soli non rinunciate a prendervi cura di voi stessi e a fare qualcosa che vi piace, fosse anche stare su divano a leggere un libro contornati di lucine colorate. Buon Natale!